Gioco in un Torneo, capita di dire agli amici.
E tutti subito pensano alla tensione del match, agli spasimi quando ci sarebbe da fare il punto decisivo, alla tremarella se l’occasione capita agli avversari. Ebbene, questo è davvero nulla rispetto al retroscena, alla defatigante organizzazione che renderà possibile le discese in campo. Lì sì che c’è suspence. Con quel che intanto è successo forse non è il caso di far troppa facile ironia ma, certo, mettere in piedi un torneoinvernale è impresa notevole.
Trentasei – di cui dodici signore e ragazze – erano i concorrenti alla prima fase del Trofeo Generali, quella con tre partite di un set ruotando via via le coppie. Luca Burroni e Paolo Graziano si sono ingaggiati in un lavoro da programmatori di computer, slalomeggiando fraraffreddori e influenze senza contare incidenti e acciacchi che affliggevano i giocatori col progredire dei match.
Hanno aggirato paletti apparentemente insormontabili, ricomposto squadreche parevano volatilizzate, recuperato sorprendentemente forfait altrimenti definitivi. Tutto vero, verisssimo, a imperitura gloria di Luca e Paolo che, instancabili (e anche, un po‘ implacabili) hannosubito messo mano alla fase 2 del Trofeo Generali, quella con le coppie che si rimodellano lungoun insolito set fino a 14.
E via di nuovo coi delicatissimi alambicchi dove miscelare presenze, disponibilità e anche compatibilità. Nuova scossa di alta tensione per il circolo sul viale dei Colli. Detto questo, però, va aggiunto che c’è stata un’eccezione, che in un caso il massimo della suspence è stato raggiunto proprio sul campo, con le racchette, le palline, i calzoncini e la tuta e non davanti al computer col tabellone da aggiustare per l’ennesima volta.
Quando è successo? Ma ovviamente, come vuole ogni giallo che si rispetti, nel gran finale, alla partita decisiva per stabilire i vincitori del torneo fase 1. Lì, se la vedevano due terzetti: Luca Burroni, Yulia Gruckina e LorenzoPratesi contro Lapo Mazzantini, Cristina De Cesare e Roberto Volpi. E lì si è verificato quel chemai era successo nelle altre partite: tre set, tutti e tre conclusi col minimo scarto, 5-6, 6-5, 6-5. Segno indubbio di lotta all’ultimo respiro e di equilibrio quasi perfetto.
Solo ‘quasi’, naturalmente, perché poi, per un game (su 33 giocati) è stato il primo terzetto a poter cantar vittoria.